Qualsiasi violazione anche solo temporanea della put-call parity rappresenta per il trader una possibilità immediata di arbitraggio.
Esempio
Un trader sta valutando l’opportunità di arbitraggio tra l’azione XYZ e l’opzione su azione XYZ.
Il prezzo dell’azione è pari a 31 Euro, il prezzo di esercizio pari a 30 Euro, il tasso di interesse risk-free è pari al 10% annuo, il prezzo di una call con stile europeo scadenza 30 mesi è pari a 3 Euro e il prezzo della put equivalente per scadenza e strike è pari a 2,25 Euro.
Considerata l’equazione C + Ee-rt = P + S, abbiamo che:
C + Ee-rt = 3 + 30e-0.1*3/12 = 32.26 Euro
P + S = 2.25 + 31 = 33.25 Euro
Il trader potrebbe chiudere l’arbitraggio comprando la call e vendendo la put e l’azione sottostante, generando guadagno pari a 30.25 Euro, che reinvestito al tasso di interesse risk-free ammonterebbe a 30.25e0.1x0.25 = 31.02 Euro
Esercitando la put l’azione verrebbe acquistata ad un costo pari a 30 Euro, pertanto il guadagno “risk-free” (al lordo delle commissioni di trading e della tassazione) è pari a 1.02 Euro.
Conviene esercitare anticipatamente opzioni call la cui azione sottostante non paga dividendo, prima della scadenza?
Solitamente non è mai ottimale esercitare opzioni con stile americano scritte su un’azione sottostante che non paga dividendo durante la vita residua dell’opzione, in quanto:
Se il trader pensa che il prezzo dell’azione è sopravvalutato, e sta valutando se esercitare l’opzione oppure vendere l’azione, probabilmente per il trader sarebbe preferibile vendere l’opzione invece di esercitarla perché il prezzo di un’opzione call con stile americano è sempre maggiore del suo valore intrinseco prima della scadenza.
Contrariamente, potrebbe essere conveniente esercitare anticipatamente un’opzione call laddove l’azione sottostante dovesse pagare, prima della scadenza dell’opzione, un dividendo particolarmente rilevante. In quel caso generalmente l’opzione viene esercitata immediatamente prima della data di stacco.
Conviene esercitare anticipatamente opzioni put la cui azione sottostante non paga dividendo, prima della scadenza?
Teoricamente, un’opzione put dovrebbe essere esercitata anticipatamente se sufficientemente deep in-the-money. E’ possibile infatti argomentare questa affermazione considerando una situazione estrema: si ipotizzi che lo strike sia pari a 10 Euro e che il prezzo dell’azione sottostante ad un dato momento sia prossimo a zero. Esercitando immediatamente la put, il trader realizza immediatamente il massimo guadagno possibile, in quanto il prezzo dell’azione ha per definizione un limite inferiore pari a zero. Se il trader attendesse ancora prima di esercitare la put, si esporrebbe al rischio che il prezzo dell’azione sottostante possa incrementare, implicitamente riducendo il potenziale guadagno. In ogni caso, ricevere immediatamente 10 Euro ha certamente più valore che ricevere altrettanto ad una data futura (in condizioni di tassi di interesse risk-free positivi, chiaramente). Tecnicamente parlando, l’esercizio anticipato di un’opzione put diventa economicamente più vantaggioso tanto più il prezzo dell’azione sottostante e la volatilità implicita diminuiscono.
Come calcolare il valore di un’opzione? La formula di Black-Scholes-Merton
Dal punto di vista del trader, è possibile calcolare il prezzo dell’opzione in tre modi:
N(d1) e N(d2) sono le funzioni di probabilità, ovvero la probabilità che una il valore di una variabile caratterizzata da una distribuzione normale standard (come i rendimenti dell’azione sottostante il contratto di opzione) sia inferiore a x.
Se ignoriamo per il momento i termini N(d
1) e N(d
2) e osserviamo attentamente la formula BSM per opzioni call e put, notiamo che la base della formula non è altro che l’attuale valore intrinseco dell’opzione! Quando la differenza tra questi due termini aumenta, il valore intrinseco dell’opzione call aumenta, e viceversa. Ma cosa avviene nel caso in cui il prezzo del sottostante (S) sia inferiore al prezzo dello strike attualizzato (Ee
-rt)? In questo caso considerato che l’opzione call non può assumere valori negativi, le variabili N(d
1) e N(d
2) compensano la situazione restituendo un valore positivo, impendendo al valore intrinseco di assumere valori inferiori a zero.
Dunque N(d
1) e N(d
2) rappresentano semplicemente delle probabilità, alla base della formazione dei prezzi delle opzioni. In sintesi, per un’opzione call:
- S*N(d1) è l’ammontare che sarà probabilmente ricevuto dal trader vendendo l’azione sottostante a scadenza
- Ee-rt * N(d2) è il pagamento che sarà effettuato al fine di acquistare l’azione quando la call è esercitata a scadenza
Secondo la formula BSM, il valore della call dipende dunque dalla differenza tra questi due valori. Sebbene la formula di BSM sia stata sviluppata utilizzando concetti matematici decisamente complessi, non è tuttavia così difficile comprenderne il funzionamento per un utilizzo pratico, in quanto
la formula BSM essenzialmente calcola il valore intrinseco dell’opzione aggiustato per la probabilità che l’azione sottostate sia superiore allo strike a scadenza.
Volatilità e riflessività
L’unico parametro della formula BSM che non può essere osservato direttamente è la volatilità implicita, ovvero la volatilità osservabile sul mercato analizzando i prezzi delle opzioni. Dato il prezzo dell’opzione, il prezzo del sottostante, lo strike, il tasso di interesse e il tempo a scadenza, la volatilità implicita quel valore che, quando sostituito nella formula BSM restituisce il valore dell’opzione. Chiaramente non è possibile invertire la formula BSM, tuttavia è possibile seguire un processo iterativo per identificare il corretto livello di volatilità implicita. Quando i valori della volatilità implicita e di quella storica sono sostanzialmente simili, i prezzi delle opzioni sono generalmente considerati corretti in funzione dei dati storici.
E’ naturale assumere che la volatilità di un’azione sia causata dalle nuove informazioni che raggiungono il mercato. Le nuove informazioni spingono i trader a rivalutare le proprie opinioni sul valore fondamentale dell’azione. Il prezzo dell’azione cambia, dunque anche la sua volatilità. Due contributi a firma di George Soros (
Volatility and the Alchemy of Risk) e Chris Cole (
Volatility at World's End) pubblicati da Artemis Capital Management hanno per la prima volta presentato una nuova teoria, in base alla quale la volatilità è in gran parte causata e alimentata dallo stesso trading. La teoria della riflessività (reflexivity) fa dunque riferimento alla relazione circolare tra causa ed effetto (percezione-fondamentali-prezzo), in contraddizione con la teoria classica dell’equilibrio di mercato, che afferma che nel lungo periodo i prezzi delle azioni convergono verso il loro valore fondamentale, non impattati dal comportamento di trading e dai prezzi precedentemente raggiunti. In base alla teoria della riflessività, i mercati non prevedono ne anticipano il futuro, ma letteralmente “lo creano in ogni istante”.

“La volatilità è un concetto ampiamente incompreso. La volatilità non è paura. La volatilità non è una statistica o una deviazione standard, o qualsiasi altro numero derivato da una formula astratta. La volatilità non è nulla di diverso sui mercati di come ne facciamo esperienza nella nostra vita. Indipendentemente da come viene misurata, la volatilità riflette la differenza tra il mondo come lo immaginiamo, e il mondo che realmente esiste”
(Chris Cole, Artemis Capital Management)
Borsa Italiana offre sul proprio sito al link
Home Page (borsaitaliana.it) la possibilità di fruire di un Option Pricer dedicato al mercato italiano dei derivati (IDEM), professionale e gratuito. Lo strumento permette non solo di valutare il fair price delle opzioni ma anche di valutarne il profilo di rischio attraverso l’analisi delle Greche e delle curve di volatilità, nonché di strutturare strategie di trading in funzione dello scenario di mercato.
Disclaimer
Il contenuto non può in alcun caso essere considerato una sollecitazione al pubblico risparmio, o la promozione di alcuna forma di investimento.